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Ricordi di calcio: Bob Lovati, 60 anni di fedeltà

Silio Rossi racconta aneddoti, incontri e storie di calcio vissute

(foto S.S. Lazio)

di Silio Rossi – Lo scorso sabato 30 marzo abbiamo ricordato Roberto Lovati nel tredicesimo anniversario della sua scomparsa.
Per raccontare Bob però non basterebbe una vita, non si sa nemmeno da dove iniziare.

I suoi sessant’anni di lazialità, ci hanno regalato un personaggio unico, poliedrico, bravissimo ad adattarsi, sempre in maniera positiva, a tutti i ruoli che una società di calcio deve necessariamente contemplare. Negli anni Lovati era diventato una colonna insostituibile nella causa biancoceleste e il suo attaccamento, anzi l’amore, verso quei colori, lo aiutavano a partorire sempre le soluzioni più brillanti quale fosse la responsabilità che gli veniva assegnata.
Per i laziali, ma anche per chi in quegli anni ne ha vissuto la presenza, Bob è stato tutto questo: calciatore dal 1954, allenatore, dirigente, osservatore, tecnico del settore giovanile, consigliere ascoltato dai tanti presidenti e mister che si sono succeduti. Una vera “istituzione” insomma, un factotum, uno di quei personaggi insostituibili che ti portavano a dire: “se non l’avessimo avuto, avremmo dovuto inventarlo”.

Tommaso Maestrelli lo capì immediatamente e pretese che la società glielo mettesse tutti i giorni a fianco come aiutante di campo. Lo riteneva prezioso per far crescere e migliorare i ragazzi che Umberto Lenzini aveva messo a disposizione e che portarono al miracolo dello scudetto nel 1974 e alla crescita, di giorno in giorno, di un gruppo straordinario.

Disincantato, compagnone, fine battutista ma senza mai superare i limiti, Lovati era innamorato di Roma, città che non ha mai lasciato, né barattato neppure di fronte a contratti decisamente più sontuosi e a promesse di carriera da vertice. Per anni e anni Bob è stato “La Lazio”, il riferimento più importante e credibile, soprattutto nei momenti di difficoltà, quando non c’era a chi rivolgersi.

Ha conosciuto e lavorato al fianco di tanti dirigenti, tanti ne ha aiutati a crescere e a tanti ha offerto la sua disponibilità per superare le fasi più complicate. Ha sofferto quando qualcuno ha dimenticato quello che aveva fatto per la società e quante situazioni, alla sua maniera, magari con un sorriso o una battuta, era riuscito a sanare.

Ricordo che quando scoppiò il “calcio scommesse”, il primo maledetto imbroglio, fui testimone della credibilità e della personalità che sapeva trasmettere Bob.
Il triste giorno di Pescara-Lazio, l’arresto plateale in campo dei calciatori laziali, i finanzieri e altri militari in servizio davanti alla porta dello spogliatoio e noi dietro di loro per cercare di capire meglio cosa sarebbe accaduto.
Sentimmo chiaramente Lovati chiedere con garbo e delicatezza a un finanziere: “Capitano, garantisco io. Se potete, fateli uscire dallo spogliatoio con le mani libere“.
Bob cercava con il cuore rotto di evitare che altro fango coprisse la triste giornata degli arresti.

Lo ritrovai anni dopo davanti ai cancelli della Monte Mario allo Stadio Olimpico. Si giocava una gara serale di Coppa Uefa della Roma in campo contro un’avversaria tedesca.
Mi disse che aspettava un amico per avere un biglietto d’ingresso visto che la Lazio di allora, che era cambiata in tutto e per tutto, non aveva pensato di fargli rilasciare un accredito dal club giallorosso per assistere alla partita. L’arrivo della nuova dirigenza aveva rivoluzionato ruoli e posizioni nella società e aveva relegato Bob in un ufficio, più angusto di quello che aveva, salvo toglierglielo del tutto, dopo qualche mese. Capii immediatamente che aveva bisogno di una mano e gli dissi di aspettarmi. Cercai Maurizio Cenci, uno dei più attenti funzionari romanisti, e tornai fuori del cancello con due biglietti per Bob, sempre in attesa di quell’amico che chissà se sarà mai arrivato.

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