di Antonio Frateiacci – L’Italia U21 è pronta a debuttare stasera contro la Francia nel campionato europeo di Georgia e Romania.
L’ultimo successo azzurro nella competizione risale al 2004. Era l’Under 21 di Barzagli e Bovo come centrali, Daniele De Rossi a guidare il centrocampo e di Gilardino capocannoniere del torneo. Era soprattutto l’Under 21 guidata dal ct Claudio Gentile. Nella sua avventura da nelle giovanili azzurre, Gentile ha collezionato anche un terzo posto agli Europei 21 del 2002 e un bronzo alle Olimpiadi di Atene 2004, risultato al quale tiene in maniera particolare.
In esclusiva a bttfnews.it ha parlato della prossima sfida continentale della selezione di Nicolato e dello stato di salute del movimento giovanile italiano anche in ottica ringiovanimento della Nazionale maggiore.
L’intervista
In questo Europeo U21 le favorite sono Germania, Spagna e Francia. Che ruolo potrà ritagliarsi l’Italia? Si aspetta qualche Nazionale che andrà avanti a sorpresa?
“Vedremo strada facendo. Dobbiamo vedere come arrivano anche le altre squadre visto che hanno dovuto cambiare diversi elementi. Per quanto riguarda l’Italia credo che siano i soggetti giusti quelli convocati da Nicolato, forse gli avrei chiamati anch’io. Dovranno tutti essere all’altezza perché solo con tre o quattro giocatori non puoi vincere delle partite importanti”.
L’ultimo successo in questa competizione risale al 2004 con lei in panchina. Come costruì quella squadra? Quali furono le difficoltà? C’è qualche giocatore di quella squadra che pensava avrebbe fatto meglio a livello di club?
“Io parlerei di più dei 7 giocatori di quella Under 21 che sono diventati due anni dopo Campioni del Mondo. La mia grande soddisfazione è aver creato dei ragazzi che poi sono andati in Nazionale maggiore hanno vinto il Mondiale. È un salto di categoria importante. Chi va a giocare con l’Under 21 non è detto che poi riesca ad arrivare in Nazionale maggiore, dipende da tanti fattori: c’è chi cresce prima e chi matura dopo. C’è anche chi rimane a quel livello. Mi ricordo che tutti quei giocatori che ha avuto erano dei ragazzi veramente interessanti e mi hanno sempre dato ottimi soddisfazioni”.
È suo anche il bronzo di Atene. Un successo al quale tiene particolarmente.
“L’Europeo è importantissimo ma vincere la medaglia alle Olimpiadi dove giochi contro tutto il mondo è qualcosa di straordinario. Poi c’è anche un’altra cosa: noi abbiamo giocato con le vecchie regole. Cioè noi avevamo vinto l’Europeo in Germania il 20 di giugno, i ragazzi sono andati in vacanza nel mese di luglio e il 12 agosto eravamo già in campo per le olimpiadi. Adesso invece le cose sono cambiate, si gioca l’Europeo negli anni dispari e le Olimpiadi negli anni pari. Quindi un allenatore ha tempo per preparare una selezione, io ho avuto 12 giorni per mettere insieme la squadra per affrontare nazionali che avevano avuto mesi e mesi di preparazione. Fortunatamente ora le cose sono cambiate, questa regola perché per noi era penalizzante”.
Dopo di lei l’U21 fu affidata a Casiraghi, poi Ferrara, poi a Devis Mangia poi a Di Biagio. Con la scelta di Nicolato si è tornati alla strategia dei tecnici formati dalla Figc con tutta la trafila delle nazionali giovanili. Secondo lei perché? Condivide questa politica?
“Su quello che decidono gli altri non faccio mai commenti, se hanno deciso di darla a Nicolato vuol dire che hanno i loro motivi, le loro convinzioni per considerarlo un tecnico che può portare a qualcosa di importante. Sono molto curioso di vedere la prima partita dell’Italia perché si potrà già capire qualcosa”.
Lei è stato uno dei pilastri della vittoria del Mondiale nell’82 in Spagna. Allora arrivare a indossare la maglia azzurra era forse il primo obiettivo di un calciatore. Vede la stessa partecipazione e senso di appartenenza?
“Quella dell’82 è stata una Nazionale che è andata al di là di ogni previsione. Conoscete benissimo le critiche prima e tutto il contorno. Quello è stato un gruppo che si è compattato andando contro i giornali che continuavano a denigrarci a non considerarci e poi abbiamo ottenuto questo risultato inaspettato. La maglia azzurra non è una cosa da poco, bisogna saperla conquistare. Io quando ero ancora giovane che non ero in Nazionale avevo come idolo Tarcisio Burgnich che era un grande difensore. Da lui ho cercato di imparare molto. Con l’esempio degli altri si impara anche a crescere, poi logicamente ci vuole anche un po’ di fortuna per evitare eventuali infortuni”.
Lei è stato dirigente del lecco dal ‘91 al ‘93. La squadra lombarda ha raggiunto sul campo una storica promozione in Serie B, ora sembra che possa essere esclusa e addirittura retrocessa in Serie D per un problema legato alla capienza dello stadio Rigamonti-Ceppi.
“Io ho visto le finali dei playoff e ho fatto il tifo per il Lecco. Per la città e per i tifosi sembrava un obiettivo quasi impossibile da conquistare. Ci sono riusciti con merito e adesso si sentono penalizzati. Credo si potrebbe lasciarli lavorare dandogli un anno di tempo per risolvere la questione. Questa città merita, ha conquistato la Serie B sul campo e per un fattore esterno al campo non mi sembra molto giusto penalizzarla… addirittura si parla di retrocessione. Bisogna avere un po’ di buon senso e essere comprensivi dando tempo alla proprietà di poter adeguarsi alla categoria con lo stadio. Se una squadra che arriva alla Serie B dopo 40 anni e poi dopo pochi giorni accade questo, la gente si sente penalizzata può succedere di tutto”.
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