di Emanuele Tonini – 13 gennaio 1907, una data che alla gran parte della gente non evocherà nessun ricordo. Difficile che qualcuno possa ricordare che in quella gelida giornata invernale di 116 anni fa ha inizio la storia del derby della Mole, così soprannominato in riferimento alla Mole antonelliana, simbolo artistico e architettonico della città di Torino. La storia di una rivalità, quella tra il Toro e la Juventus, che va ben oltre il mero aspetto sportivo.
Un derby “sociale” tra classe operaia e borghesia
Sin da subito le due tifoserie assumono una connotazione “sociale” che non potrebbe essere più agli antipodi: classe operaia contro imprenditoria.
La Juventus è la squadra della famiglia Agnelli, una dinastia imprenditoriale che ha fatto, nel bene e nel male, la storia d’Italia con i suoi tifosi a incarnare gioco forza la classe borghese. Il Torino, nato da una scissione in seno alla stessa Juve, diventa per contrappasso la squadra del popolo e del mondo operaio.
Questo è anche il derby dell’appartenenza territoriale, della supremazia cittadina e dell’orgoglio torinese tutte quelle cose che orgogliosamente rivendica la tifoseria granata in opposizione ai molti tifosi bianconeri, che pur vivendo a Torino, sono in larga parte nati fuori regione. In effetti, negli anni 50 e 60 con l’avvento del boom economico, molta gente lascia il Sud, dove le condizioni di vita erano estremamente povere, per cercare lavoro e fortuna nelle grandi città del nord. A Torino la FIAT era in grado di dare un’opportunità a tanti per un futuro migliore. Nasce così una generazione di tifosi juventini “adottati” dalla città sabauda ma senza quelle radici piemontesi, vanto dei sostenitori del Toro.
Darwin Pastorin nel 2008 la spiegò così: “La Juve degli Agnelli, ma anche degli immigrati siciliani e calabresi, il Toro di Pianelli e degli impiegati piemontesi, di quelli che parlavano il dialetto duro e puro. La Juve dei tanti scudetti e il Toro che portava nelle vene, e porterà per sempre, il mito di capitan Valentino e degli altri eroi scomparsi nel rogo di Superga, e il rimpianto per la farfalla granata, Gigi Meroni. Due modi di essere“.
Quel primo derby di oltre un secolo fa
Si gioca al motovelodromo Umberto Primo quel derby del 13 gennaio 1907. Allora non esisteva ancora il campionato a girone unico (arriverà nel 1929-30) e la partita è valida per le Eliminatorie Regionali del Campionato di Prima Categoria. La vince il Toro 2-1, grazie alle reti in apertura del match siglate da Ferrari e Kempher, di Borel il gol della bandiera per i bianconeri.
C’è da raccontare anche un aneddoto curioso di quella gara: Alfred Dick ex presidente bianconero che aveva lasciato la Juve per fondare il Torino, non riuscì ad assistere all’incontro in quanto era stato chiuso negli spogliatoi per “vendetta”.
Il derby di ritorno è ancora a favore dei granata, un rotondo 4-1 con poker di Kempher e rete bianconera ancora di Borel. Da quel lontano e pioneristico 1907 si sono giocati più di 200 derby, in un’altalena di risultati a volte eclatanti e rimonte impossibili. Basti pensare che nel 1912, il Torino rifila un umiliante 8-0 ai bianconeri. Un risultato così eclatante da risultare difficilmente ripetibile ai giorni nostri.
L’anno successivo, il 1913, vede ancora una sfida rocambolesca in cui si segnano ben quattordici gol: Torino batte Juventus 8-6. Un risultato che appartiene a un modo di giocare totalmente lontano da quello a cui siamo abituati oggi. Allora non esisteva il tatticismo esasperato dell’epoca contemporanea e forse il calcio si giocava con maggiore leggerezza. In quel 8-6, la squadra granata aveva chiuso il primo tempo con un tennistico 6-2; nella ripresa la Juventus, allenata da Vittorio Pozzo, futuro CT dell’Italia bi-campione del Mondo, era riuscita a rimontare fino al 5-6 non sufficiente per ribaltare la gara a proprio favore.
In quella stagione la Juventus chiude il girone di campionato a 6 squadre all’ultimo posto ma – grazie al cambio di format – evita la retrocessione.
Il quinquennio bianconero
Negli anni ‘30 la Juventus getta le basi per affermare il proprio dominio sul calcio italiano. Nel quinquennio che va dal 1930 al 1935 il Toro deve accontentarsi solo di quattro pareggi. Quella è una Juve che lascia solo le briciole agli avversari, un po’ come quella dei 9 scudetti consecutivi: 3 con Antonio Conte in panchina a cui seguono i cinque di Max Allegri e l’ultimo con quel Maurizio Sarri esonerato dopo un solo anno per incompatibilità ambientale con il mondo bianconero.
Gli anni ’70: lo scudetto in rimonta del Toro
Memorabili rimangono i derby degli anni 70, quando il Torino torna a essere protagonista del calcio italiano, come lo fu prima della tragedia di Superga, grazie al Grande Torino, a cui è intitolato il Comunale. Nel 1975-76 risale l’ultimo dei sette titoli granata, uno scudetto vinto in rimonta proprio sui cugini bianconeri che con tre sconfitte consecutive finiscono per favorire il sorpasso dei rivali cittadini. Al Toro vanno anche i due derby della stagione: 2-0 all’andata e 2-1 al ritorno convertito in 2-0 a tavolino dal Giudice Sportivo, per un petardo che colpisce il portiere granata Castellini. In questo decennio il Toro quasi monopolizza il derby lasciando i bianconeri all’asciutto per oltre cinque anni. Dal dicembre 1973 quando la Juve allenata da Cestmir Vycpalek – zio di Zdenek Zeman – si impone per 1-0 con gol di Cuccureddu, fino al 25 marzo 1979 quando un gol di Cabrini al 88° pone fine al digiuno di vittorie di Madama.
Gli anni ’80 delle clamorose rimonte
Anche gli anni 80 sono teatro di sfide all’ultimo sangue. Il 7 marzo 1982 la Juventus dopo aver subito un doppio svantaggio nel giro di 3 minuti (dal 19° al 22°), ribalta il risultato rifilando 4 gol ai granata grazie a Tardelli, alla doppietta del compianto Scirea e al 4-2 finale siglato da Liam Brady.
Un anno più tardi, nel campionato 1982-83, è il Torino a compiere luna clamorosa rimonta. Il 27 marzo infatti si gioca la 10^ giornata del girone di ritorno, i bianconeri sono all’inseguimento della Roma che quell’anno vincerà il secondo scudetto della sua storia. La Juve che si porta in vantaggio dopo un quarto d’ora con Paolo Rossi e al 65’ raddoppia Platini. La gara sembra chiusa ma non per il famoso “cuore granata” che nel giro di 5 minuti (dal 70’ al 75’) consente al Toro di ribaltare il risultato segnando tre gol consegnando di fatto lo scudetto ai giallorossi.
Da 3-0 a 3-3, la rimonta incredibile del 2001
Un altro derby pazzo è quello datato 14 ottobre 2001. La Juve gioca sul velluto e si porta sul 3-0 nei primi 25 minuti (doppietta del capitano Alex Del Piero e Tudor). Ma anche in questo caso il Toro si carica e rimonta da 0-3 a 3-3, grazie al pareggio di Maspero al 83’. Nel finale la Juve ha la possibilità di portarsi sul 4-3 per un calcio di rigore assegnato dall’arbitro Borriello. Marcelo Salas va alla battuta senza accorgersi che durante le proteste per l’assegnazione del penalty, proprio Maspero aveva furbescamente scavato un solco sul dischetto. Il Matador calcia ma il pallone si impenna e finisce alto sopra la traversa. Il risultato rimane dunque in maniera un po’ “truffaldina” sul punteggio di 3-3.
Le vittorie all’ultimo respiro
Nell’ultimo trentennio, dal 9 aprile 1995, giorno in cui il Torino vince 2-1 grazie a una doppietta di Rizzitelli, i granata si aggiudicano la stracittadina una sola volta: il 26 aprile 2015 quando Darmian e Quagliarella riescono a ribaltare l’iniziale vantaggio bianconero firmato Andrea Pirlo.
Per due anni consecutivi, la Juve si prende il derby nel recupero. Memorabile resta il gol di Pirlo a 10 secondi dal fischio finale nel derby del 30 novembre 2014.
L’anno successivo è Juan Cuadrado a regalare la vittoria e dare il via alla clamorosa rimonta in campionato della squadra di Max Allegri. Il Panita nell’ultimo minuto di recupero, in scivolata sigla la rete del 2-1 finale che getta nello sconforto il popolo granata, che per il secondo anno di segue vede svanire il pareggio all’ultimo respiro.
La storia del derby della Mole è costellata di risultati “pazzi”, di gol a valanghe, di rimonte pazzesche o di gol segnati all’ultimo secondo. La rivalità tra le due tifoserie resta sempre molto accesa, nonostante gli scontri del passato e gli anni “pioneristici” siano ormai ricordi sbiaditi. D’altronde il calcio moderno, sempre più orientato al business, lascia poco alla passione e al romanticismo. Sembrano preistoria i tempi di tutte le partite alla domenica e alla stessa ora, seguite alla radio grazie all’iconico “Tutto il calcio minuto per minuto”. Di quel 90° minuto condotto da Paolo Valenti che permetteva di vedere i gol della giornata. I derby epici degli anni 70 e 80 hanno lasciato il posto a quelli di oggi, in cui il furore agonistico non è più lo stesso e il tatticismo ruba la scena allo spettacolo. Ma tornare con il pensiero a quei tempi, alle immagini sgranate e alle foto sbiadite dell’epoca fa sempre bene al cuore.
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