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Lutto nel calcio: scomparso Ilario Castagner

Il tecnico del “Perugia dei miracoli" aveva 82 anni

Il calcio italiano piange Ilario Castagner, scomparso oggi a Perugia all’età di 82 anni. 

L’annuncio è stato dato dal figlio Federico a mezzo social network: “Oggi se ne è andato il sorriso più bello del calcio italiano. Grazie a tutti i medici e al personale sanitario dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia che in queste ultime settimane si sono presi cura di lui. Ciao papá…”.

Castagner, nato a Vittorio Veneto nel dicembre 1940, è stato calciatore, allenatore e infine dirigente, prima di dedicarsi a seguire il calcio nella veste di opinionista e commentatore televisivo.

La sua carriera da calciatore

Da calciatore Castagner mosse i suoi primi passi da professionista in Serie B nella Reggiana, giocando da centravanti nella squadra emiliana nel campionato 1959-60.

La serie cadetta fu la massima categoria che conobbe prima di scendere in campionati minori vestendo le maglie di Legnano, Perugia, Prato e Rimini dove chiuse la sua avventura da calciatore nel 1969, 10 anni dopo l’esordio a Reggio Emilia.

Nel 1966, quando ancora era un giocatore del Prato, Castagner frequentò il corso da allenatore, e appena attaccati gli scarpini al chiodo fu pronto per la sua nuova carriera che iniziò nel 1969.

L’Atalanta prima esperienza da allenatore

Fu l’Atalanta a fargli fare la sua prima esperienza da allenatore affiancandolo a Corrado Viciani alla guida delle giovanili della squadra orobica, da quel momento in poi 30 anni da allenatore sulle panchine di Perugia, Lazio, Milan, Inter, Ascoli, Pescara, Pisa ed ancora Perugia, dove chiuderà da allenatore nel 1999 prima di accettare nel 2005, l’incarico di direttore tecnico e presidente onorario della società umbra da Vincenzo Silvestrini, successore di Luciano Gaucci.

Alla fine di questi 30 anni, saranno 295 le presenze in panchina con squadre di Serie A, 209 quelle sulle panchine di squadre cadette, 36 quelle sulle panchine di squadre di Serie C.

Il rapporto speciale con la città di Perugia

Benchè nella sua vita da allenatore abbia occupato le panchine di squadre più blasonate, Castagner ha legato indelebilmente il suo nome ad una città che lo ha visto prima giocatore, poi allenatore ed infine dirigente: Perugia. 

Nel 1974 il presidente Franco D’Attoma pensò a lui per affidargli la prima squadra dei “Grifoni”, su quella panchina Castagner passò 6 indimenticabili anni toccando il traguardo massimo del 2° posto in Serie A nel campionato 1978-79. 

“Il Perugia dei miracoli”, così venne definita quella squadra, in quel campionato arrivò solo 3 punti dietro al Milan “della stella” e fu la prima squadra nella storia della massima serie a chiudere un torneo senza sconfitte: dopo 30 giornate furono infatti 11 in tutto le vittorie e 19 i pareggi.

Alla fine di quella stagione Ilario Castagner fu premiato con il “Seminatore D’Oro”.

A Perugia Castagner scrisse un’altra importante pagina nella storia dei “Grifoni”, la conquista della Serie A alla fine del campionato 1997-98.

In quella stagione fu richiamato da Luciano Gaucci alla guida della squadra quando mancavano 11 giornate alla fine del campionato, il Perugia alla fine raggiunse il Torino al 4° posto in classifica, per poi batterlo ai rigori nello spareggio per la promozione. 

Il ricordo di Salvatore Bagni

Salvatore Bagni, intervistato da Tuttomercatoweb, ha raccontato del suo rapporto speciale con l’allenatore scomparso, ecco alcune sue dichiarazioni:

“Lo andavo a trovare spesso, ero sempre in contato con lui anche se da più di un anno usciva poco. E’ stato lui che mi ha fatto esordire in Serie A facendomi fare il salto dalla Serie D. Era una persona perbene, tutti gli hanno sempre riconosciuto i valori di altri tempi. Era così e il bel rapporto, come dicevo, è continuato anche dopo. Tante volte mi diceva che lo chiamavano ancora giocatori che aveva avuto 45 anni fa e io gli ricordavo: E’ merito tuo, della tua persona. E’ sempre stato corretto con tutti, un esempio”. “Calcisticamente era preparato e rilassante, cercava il dialogo con i giocatori, li lasciava liberi di interpretare il calcio senza pressioni. Aveva un gruppo straordinario, per merito suo”.

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