di Roberto Bernabai – Un laconico, quanto contraddittorio, comunicato stampa ha inferto un colpo letale al cuore e ai sentimenti della stragrande maggioranza dei tifosi romanisti. A pochi mesi dalla sigla di un contratto triennale la taciturna dirigenza americana della Roma ha deciso con un colpo di spugna, inatteso e clamoroso, di congedare senza possibilità di appello Daniele De Rossi.
Un simbolo è stato dissacrato senza mezze misure, una bandiera è stata ammainata senza rispetto e creanza. DDR paga con ogni probabilità l’impossibilità di non essere DDR. Calciatore e capitano giallorosso prima, allenatore poi, mai e poi mai sarebbe caduto nella tentazione di indulgere al compromesso. Mai e poi mai avrebbe accettato qualcosa che dal suo punto di vista avrebbe potuto penalizzare la Roma: l’amore inalienabile di una vita.
Difficile immaginare che la decisione degli americani possa attenere alla sfera tecnica. Molto più realistico ipotizzare che alle origini di quanto accaduto, possano esserci le conseguenze di un confronto sviluppatosi a viso aperto.
Le divergenze acuite da un avvio di campionato complicato e deludente sono emerse in maniera insanabile e una decisione, probabilmente in fieri già da qualche giorno, come in un certo qual modo anticipato da Francesco Totti, si è concretizzata in maniera ineluttabile.
L’oltraggio di un esonero immeritato, all’alba di un progetto tecnico da svilupparsi nell’arco di un triennio, offende un uomo che i proprietari della AS Roma hanno utilizzato allo scopo di blandire la piazza e ammansirla all’indomani del licenziamento, altrettanto clamoroso, di Josè Mourinho. Ora toccherà a Ivan Juric portare a termine una stagione che si preannuncia difficile e tribolata. Una soluzione tampone per tentare di salvare il salvabile affidandosi ad un tecnico alla sua prima esperienza in una piazza difficile e ambiziosa.
Scontato immaginare quanto sulle spalle dell’incolpevole allenatore croato continuerà inevitabilmente ad aleggiare la figura gigantesca di un uomo onesto, concreto e coerente che incredibilmente e paradossalmente sconta la colpa di nutrire un amore incancellabile.
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