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Ricordi di calcio: “Costantino Rozzi e l’Ascoli della nostalgia”

Il ricordo nell'anniversario della sua scomparsa caduto proprio ieri

di Silio Rossi – “Coccia pelà, oggi s’ha ‘dda vince eh!!“. Carlo Mazzone guardava il suo presidente e, se non fosse stato il suo datore di lavoro, gli avrebbe tirato volentieri addosso la prima cosa che trovava negli spogliatoi. Ma poi gli rispondeva per farlo “contento e cojionato”, sperando che quella sceneggiata domenicale finisse subito: “E’ il minimo presidè.
Ogni domenica la solita musica. Costantino Rozzi non capiva che i pensieri del suo tecnico erano altri, che il sistema nervoso suo e della squadra girava in maniera diversa e che non c’era assoluto posto per chi importunava e turbava quei momenti delicati e fondamentali. Poi la partita, i successi sul campo in quegli anni straordinari per una “provinciale” che faceva paura alle grandi e che avrebbe meritato di stare più volte vicina di classifica a chi vinceva gli scudetti e partecipava alle coppe europee.

Con Rozzi mi sono incrociato parecchie volte. Mi raccontava tante cose, progetti, desideri, sogni ed io pensavo che su alcuni punti avesse ragione da vendere. Lo stimavo perché ero convinto che al suo Ascoli dovesse essere riservato un palcoscenico più importante e poi perché del presidente parlavo spesso proprio con Mazzone che gli voleva bene davvero. Carletto mi confidava: “Avremmo fatto chissà che cosa, per vedere Ascoli, città e squadra, nei posti alti della classifica”.

Il binomio vincente per far salire l’Ascoli era solido. Costantino non aveva affetto e simpatia che per Mazzone. Lo seguiva e stava molto attento quando qualche club più importante provava a “sequestrarglielo”. Ce lo disse una sera a Villa Pigna, l’albergo di famiglia, e fu abbastanza chiaro: “Se Carletto decide di andarsene io mica gli sparo. Lo faccio rapire“.

Un eventuale addio tra i due avrebbe compromesso un rapporto straordinario, sincero sin dall’inizio. Sin da quando Mazzone, che giocava ancora da difensore nella formazione bianconera, appese gli scarpini e chiese lavoro al suo dirigente. Raccontava Rozzi: “Mi disse che era stanco di correre appresso agli attaccanti avversari. Poi mi confessò che aveva preso moglie qui, proprio ad Ascoli, e che doveva pensare alla famiglia, che nel frattempo s’era allargata con la nascita dei due figli. Gli feci una proposta seria: qui al “Ferruccio Squarcia”, così si chiamava il campo dove allora giocavamo in serie C voglio creare il settore giovanile, perché sono certo che fra tanti ragazzi che verranno ad allenarsi, potremo trovare qualche campioncino. Il tuo stipendio è salvo ma ti dovrai occupare di organizzare tutto. Se vuoi già da domani”. 

Insomma si può ipotizzare che proprio da questa meravigliosa idea nacquero le fortune dell’Ascoli e la popolarità di Rozzi e del suo allenatore.  I due senza nasconderlo, guardavano con attenzione come si organizzavano “le grandi” e soprattutto perché toccava sempre a loro giocare in campo internazionale. Uscire dall’Italia e solo con il calcio poteva succedere anche a un club di provincia. Costantino ci credeva. Fu allora che puntò tutti i suoi programmi su chi, poco alla volta, fu pregato di lasciare il settore giovanile per trasferirsi alla prima squadra.

Se si vinceva venivano organizzate grandi feste, cene e regali per tutti. Se non succedeva allora erano problemi perché l’umore del costruttore scendeva sotto le ginocchia e la settimana che seguiva diventava una “via crucis” E guai se gli arbitri ci avevano messo lo zampino. Dalla panchina Rozzi, con i suoi calzini rossi, schizzava come un grillo vicino al direttore di gara, scaricandogli addosso tutta una serie di improperi. Ne fece le spese il signor Enzo Barbaresco di Cormons dopo un Ascoli-Roma, visto che i giallorossi avevano preso i due punti senza meritare.

Quando partecipava al Processo del Lunedì di Aldo Biscardi, Costantino si sfogava ancora di più: “Io ritiro la squadra”, minacciava. “Se continua così farò uno scandalo nazionale. In campo gli arbitri dirigono a senso unico. E allora mi domando: per quale motivo a noi squadre di provincia ci trattano in questa maniera?”.  E al povero Carlo Sassi, che con la sua moviola rigettava una parte delle accuse verso la classe arbitrale, Rozzi intimò: “Per favore, quando parla del mio Ascoli, faccia vedere soltanto le immagini e si astenga dal fare commenti“.

Ecco perché ha avuto un rapporto straordinario con Mazzone. Rozzi aveva capito che soltanto avendo al fianco un “fumantino” come il tecnico romano, poteva costruire un gruppo tutto muscoli e sane lamentele. Ecco perché per tantissimi anni, e ancora adesso, il suo Ascoli calcio viene ricordato come una società “benemerita” nel mondo del pallone e indicata come modello di sana gestione. Soprattutto oggi, con i club costretti a portare i libri contabili nelle stanze dei tribunali fallimentari.

Proprio ieri, 18 dicembre, ricorreva l’anniversario della scomparsa di questo grande presidente.

Silio Rossi

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