di Matteo Mistretta – Estate del 1946, nella Genova post-bellica esistono tre importanti squadre di calcio. Il Genoa, vincitore di nove scudetti, la Sampierdarenese, che naviga in cattive acque ma che per anni ha giocato nel massimo campionato italiano e l’Andrea Doria, meno blasonato ma con la liquidità necessaria per affrontare la nuova stagione alle porte. Tre club sono troppi per la città.
Lo stallo si risolve nel Bar Roma di Piazza Vittorio Veneto, nel cuore del quartiere Sampierdarena, sede degli incontri tra i dirigenti dell’Associazione Calcio Sampierdarenese e della Società Ginnastica Andrea Doria. Si va verso la fusione: il titolo sportivo della Sampierdarenese permetterà alla nuova squadra di iscriversi alla Serie A, le palanche dell’Andrea Doria aiuteranno a coprire i costi e ad allestire una squadra competitiva.
“Belìn, l’abbiamo chiamata Sampdoria“. Nello studio dell’Avvocato Bruzzone, in Galleria Mazzini, il 12 agosto del 1946 arriva l’atto formale: nasce l’Unione Calcio Sampierdarenese Doria, nasce la Samp-Doria. Una unione che si realizza anche nella scelta dei colori sociali: il bianco e il blu dell’Andrea Doria cerchiano il rossonero della Sampierdarenese, dando vita alla maglia blucerchiata, considerata la più bella del mondo dal canale statunitense ESPN e dalla rivista britannica Four-Four-Two. Ma ai fondatori non basta, vogliono mostrare al mondo le radici genovesi del neonato club: sulla divisa compare la croce di San Giorgio, bandiera della città, mentre sullo scudetto il “Baciccia”, diminutivo dialettale di Giovanni Battista, la figura stilizzata di un marinaio con cappello e pipa in bocca.
“Perché proprio la Sampdoria? Nessuno mi ha mai chiesto perché ho scelto mia moglie tra le tante. E qui a Genova c’erano appena due squadre… “ (P. Mantovani)
La neonata Sampdoria si iscrive al campionato di Serie A, che nella stagione 1946/1947 torna a girone unico a 20 squadre. Ciò significa derby con il Genoa. Nel primo incontro del 3 novembre non c’è storia: 3-0 per i blucerchiati, con gol di Baldini, Frugali e Fiorini. La prima stagione della Sampdoria si conclude al decimo posto.
Negli anni seguenti il club tra alti e bassi continua a giocare in Serie A e vede tra le sue fila personaggi che hanno fatto la storia della Sampdoria e della città. Ad Alberto Ravano, presidente blucerchiato dal 1953 al 1961, è tutt’oggi dedicato un torneo in tredici discipline sportive tra squadre composte da bambini e bambine di terza, quarta e quinta elementare di tutte le scuole genovesi. Fu proprio Ravano ad acquistare dal Milan l’attaccante argentino Ernesto “Tito” Cucchiaroni, morto a 43 anni per un attacco di cuore nello stadio di Posadas, in Argentina, mentre stava assistendo ad una partita. A lui è intitolato uno dei gruppi storici della tifoseria blucerchiata, gli Ultras Tito Cucchiaroni, primi in Italia a usare il termine “Ultras” nel proprio nome.
“Boškov? Ha il bruttissimo difetto di tutti i nostri giocatori. È un sampdoriano che allena la Sampdoria, come loro sono sampdoriani che ci giuocano”. (P. Mantovani)
Il periodo di maggior splendore della Sampdoria arrivò con la presidenza del petroliere romano Paolo Mantovani, che riuscì a trasformare una società di calcio in una famiglia. Tra il 1979 e il 1993 vinse quattro Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Italiana, lo storico scudetto del ‘90/’91 e raggiunse la finale di Coppa dei Campioni del 1992 persa ai supplementari contro il Barcellona.
Ora la Samp (o il Doria, non la Doria), che quest’estate ha rischiato di sparire dal calcio italiano, ripartirà dalla Serie B con una nuova proprietà che proverà a riportare i blucerchiati dove meritano di stare. Ma anche se non dovesse accadere non ci sarebbero problemi. Perché..
“I tifosi della Sampdoria hanno perso a Wembley e hanno cantato, hanno visto andare via Vialli e hanno cantato. Finché i tifosi della Sampdoria canteranno non ci saranno problemi per il futuro”. (P. Mantovani).
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