La partita tra Milan e Verona si è appena conclusa e il Meazza si prepara a salutare Zlatan Ibrahimovic, il Re che a 41 anni ha deciso di chiudere con il calcio giocato. Un piccolo assaggio si era avuto prima del fischio d’inizio, quando la curva rossonera si era colorata a formare la scritta “Godbye“, con una sola O, una dedica imponente quanto azzeccata.
Nulla a che vedere con quello che accadrà a fine gara. I decibel salgono e la scena è tutta sua: Ibra appare come faceva con il pallone, in una delle tante magie che ci ha regalato in campo e che gli sono valse il soprannome di Ibracadabra.
È elegantissimo, indossa il nero delle grandi serate, ma quella camminata sul red carpet, con i compagni schierati in corridoio, è la più lenta e incerta della sua carriera in cui, all’immenso giocatore, ha affiancato un personaggio guascone, simpaticamente esagerato, eccentrico ed egocentrico, sicuramente vincente.
Stavolta però non c’è spazio per le frasi a effetto, Ibra appare piccolo, fragile, tremendamente emozionato perché, spiegherà dopo in conferenza stampa, “Sono Superman, ma ho anche un grande cuore”.
Lo scopriamo guardandolo negli occhi mentre sul maxi schermo scorrono le immagini delle sue prodezze, frame rubati a un film rossonero lungo 163 presenze e 93 gol.
L’impressione è che si sia trovato più a suo agio sul palco dell’Ariston a Sanremo, che in questa situazione in cui c’era da ricacciare indietro il magone e l’emozione per quell’abbraccio commosso in cui tutti, dai tifosi ai dirigenti, ai compagni del Milan con le lacrime agli occhi, lo hanno avvolto. E non poteva essere diverso: il Milan è stato “casa”, in una lunga strada percorsa da Malmoe, passando per Ajax, Juventus, Inter, Barcellona, Psg, Manchester United , persino in America ai Los Angeles Galaxy.
Oggi Zlatan, che in slavo significa “dorato”, un destino nel nome di chi ha trasformato in oro ogni singolo minuto giocato con quelle maglie, dice basta. Lascia gli scarpini ma non il mondo del calcio. Lo ritroveremo presto, pronto a sorprenderci “se saremo fortunati”!
Il saluto ai tifosi
“Non respiro, ma va bene”, inizia così il suo discorso al centro del prato del Meazza in delirio.
Prova a spezzare l’emozione scherzando con i tifosi del Verona: “Fischiate, fischiate che questo è il momento migliore del vostro anno“. Poi si lascia andare.
“Ho tanti ricordi e vissuto tante emozioni qui dentro, la prima volta che sono arrivato qui mi avete dato felicità. La seconda amore. Voglio ringraziare la mia famiglia, tutti quelli che mi sono vicini, per la loro pazienza. Voglio ringraziare la mia seconda famiglia, i giocatori. Voglio ringraziare Pioli e il suo staff per la responsabilità che mi avete dato. Voglio ringraziare i dirigenti per l’opportunità. Ma i più importanti di tutti: dal mio cuore voglio ringraziare voi tifosi. Mi avete accolto a braccia aperte, mi avete fatto sentire a casa. Sarò milanista per tutta la vita. È arrivato il momento di dire ciao al calcio, ma non a voi. Ci vedremo in giro, se sarete fortunati. Forza Milan e arrivederci“.
La conferenza stampa
Non è finita. Ibra entra in sala stampa accolto da un fragoroso e sentito applauso. “Vi voglio ringraziare per la pazienza” dice ai giornalisti presenti, “Adesso avrete meno lavoro da fare, o scrivere meno…»
“L’emozione è troppo forte“, confessa con la consueta sincerità . “In campo mi sono detto: guardo i miei compagni, mi daranno forza per parlare…invece iniziano a piangere. Ho guardato i monitori dello stadio e i tifosi piangevano… Ho guardato mia moglie, mi sono detto: forse lei mi dà la forza’. Piangeva anche lei, forse peggio di tutti. Voi pensate che io sia Superman. Anche Superman ha un grande cuore, chi mi conosce lo sa“.
LA DECISIONE – “Abbiamo deciso di fare questo saluto, ma nessuno sapeva la mia decisione sul futuro. Da oggi sono un uomo libero da questo mondo. E’ stata una carriera lunga. Sono orgoglioso e felice che sia durata così tanto. Grazie a tutti quelli che mi hanno dato adrenalina. Oggi è l’ultima come professionista. Voglio ringraziare il Milan per tutto quello che hanno fatto. Torno indietro anche a tutte le squadre dove ho giocato. Chi è stato importante per me lo sa e lo ringrazio, anche se dimentico qualche nome. Arriverà un prossimo capitolo della mia vita. Oggi mi sono svegliato e pioveva. Ho pensato ‘anche Dio è triste’. Non l’avevo detto a nessuno, nemmeno alla mia famiglia. Tre mesi fa sarei stato nel panico, ora lo accetto. Chiaramente sono anche triste, ho fatto questo per tutta la mia vita. Il calcio mi ha fatto diventare uomo“.
IL FUTURO – “Futuro? Mi serve tempo” “Quando ho preso la decisione? Negli ultimi dieci giorni, ho pensato ‘basta, devi essere orgoglioso, accettarlo e finire bene’. Purtroppo non potevo essere in campo. Ma quello che ho vissuto oggi è stato troppo bello, sarà un ricordo per tutta la vita. Milanello? La macchina andava da sola lì, ora devo trovare una nuova destinazione. Quest’ultima avventura col Milan è stata diversa, sono arrivato con responsabilità, come un pilota. Allenatore o dirigente? Lascio il calcio giocato, non il calcio. Ora serve prendere tempo, non serve decidere subito, rifletterò. Essere allenatore o dirigente è una grande responsabilità, non come da giocatore. Essere stato un grande calciatore non significa che sarei un top anche in panchina. Un altro Ibra? C’è solo uno Zlatan“.
IL PENSIERO PER RAIOLA – “Quando se n’è andato è stato tutto diverso, prima parlavo con lui di tutto. Fosse stato per Mino avrei giocato ancora al calcio perché avrebbe voluto la commissione (ride, ndr)”. Alza lo sguardo al cielo e chiosa: “Scusa Mino ma è la verità”.
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