di Silio Rossi – Spagna 1982, campionati del mondo che, lentamente e con prestazioni e critiche che si alternavano, ci portarono fino a Madrid. Per diventare Campioni. Eravamo vestiti tutti uguali e facevamo i fanatici, prima a Vigo, in Galizia, e successivamente sulle “ramblas” di Barcellona, con quella “sahariana” di color celeste addosso. Sembravamo studenti di un college americano, spediti in libera uscita.
Questa mise, che ci distingueva dai colleghi giornalisti delle altre nazioni, era un gentile pensiero della Ellesse, un’azienda umbra, già impegnata nel mondo dello sport e che era riuscita a inserirsi anche nel calcio, dove c’erano ancora regole ferree, gestite dalla presenza di grossi gruppi francesi e tedeschi.
Questa introduzione, con il ricordo di quella straordinaria esperienza professionale, non è altro che un particolare in più per raccontare quanto gli imprenditori umbri di quel momento avessero un “passo” più veloce, rispetto alle aziende straniere che dominavano, con i loro marchi nel cammino delle società calcistiche.
Il ricordo della “sahariana”, automaticamente, mi fa ripensare a Franco D’Attoma, un pugliese di Conversano, che qualche anno prima di Espana 82, acquistato il diritto di diventare presidente del Perugia. D’Attoma capì immediatamente che c’era bisogno di una svolta epocale: costruire una squadra di buon livello tecnico e cambiare i parametri, le regole di Lega e Federcalcio su quanto riguardava sponsorizzazioni e pubblicità, sfruttando la possibilità di trovare marchi e sigle di aziende nostrane.
D’Attoma con la frase: “Io di calcio non capisco niente“, si dedicò soprattutto a reperire e gestire pubblicità interessanti e adatte al calcio. Un calcio pratico che affidò nelle mani di Ilario Castagner, ex attaccante, anche del Perugia, che si rese protagonista di un autentico capolavoro, lavorando e facendo crescere anche atleti sconosciuti ai più. Lavoro che nel campionato 78-79, al secondo posto della classifica di serie A, dietro al Milan, senza essere mai sconfitto.
Già, Castagner! Allenatore dal carattere straordinario che in pochi anni lo portò a essere uno dei più bravi tanto da essere richiesto da società di grande classifica per gestire il “nuovo” che avanzava.
Infatti, vinta la scommessa con la squadra umbra, Ilario era destinato a grossi club. Ci arrivò passando prima per una cocente delusione con la Lazio. La società aveva totalmente rinnovato ma per una storia di illecito sportivo, l’ennesima, fu retrocessa in serie B, ancor prima di iniziare il campionato. E Castagner che era stato tanto bravo e scaltro a costruire il “suo” Perugia, non ebbe la stessa forza per “aggiustare” la formazione biancazzurra.
Successe tutto nel ritiro di San Terenziano, a pochi chilometri dal capoluogo umbro. E si scatenò il finimondo perché alcuni calciatori chiesero immediatamente la rescissione del contratto, altri lamentavano di essere stati ingannati da parole e promesse. E poi Renè van De Kerkhof, olandese vice campione del mondo, lo straniero che Luciano Moggi, direttore generale della società biancazzurra, aveva seguito e acquistato. Lui si liberò immediatamente da ogni dubbio se restare o andare via: nella stagione 1980-1981 la serie B non poteva far giocare un atleta che provenisse da federazioni straniere. Salutò.
In quel terzo giorno di ritiro a San Terenziano si rischiò una fuga generale. Fuga che Umberto Lenzini e Moggi riuscirono a “tamponare” con la promessa del mantenimento dell’accordo economico, stipulato al momento del primo incontro nella sede.
Ilario Castagner restò in panchina per un campionato e mezzo. Nella sua seconda esperienza infatti fu esonerato e la Lazio venne affidata a Roberto Clagluna. Si rifece negli anni successivi, andando ad allenare, con buoni risultati, il Milan e l’Inter.
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